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Consentirà terapie personalizzate

Roma, 23 mar. (askanews) – Ogni anno 400.000 italiani sviluppano una parodontite, andando ad aggiungersi ai 20 milioni con gengive infiammate; 8 milioni hanno una parodontite grave, 3 milioni rischiano per questo di perdere denti. Per individuarli nel modo migliore e stabilire la terapia personalizzata più efficace per ciascuno, arriva la nuova classificazione delle malattie parodontali: come nel caso dei tumori, ora si individuano quattro stadi di malattia tenendo conto anche di tutte le altre caratteristiche del singolo paziente, dalle malattie concomitanti ai fattori di rischio presenti, così da avere anche un quadro dell’evoluzione possibile nel lungo periodo attraverso una ulteriore suddivisione in tre gradi. Il risultato rende possibile una vera medicina di precisione, con interventi su misura che oltre a curare la patologia ne prevengono le recidive.

Insomma, se la diagnosi di parodontite era finora una fotografia, adesso diventa un “film” di cui si può indovinare il finale per provare a cambiarlo se necessario. Gli stadi, diversi a gravità crescente, sono stati individuati tenendo conto della severità della malattia, la sua estensione e la complessità del trattamento, e tre gradi di rischio di un possibile peggioramento stabiliti valutando le caratteristiche del paziente, le altre patologie eventualmente presenti, i fattori di rischio predisponenti, lo stile di vita. Cambia così il modo di classificare l’infiammazione delle gengive e si apre la strada alla medicina di precisione per la salute orale, in cui ogni terapia o raccomandazione al paziente sarà davvero su misura. Grazie alla nuova classificazione della parodontite, presentata dalla Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SidP) in occasione del XIX Congresso Internazionale Personalized Periodontology, a Rimini dal 21 al 23 marzo, sarà infatti possibile valutare meglio come potrà evolversi la malattia e quindi avere diagnosi più circostanziate e trattamenti più orientati sul paziente, necessari per arginarla al meglio in ciascun caso. L’obiettivo è superare le raccomandazioni uguali per tutti arrivando a una vera medicina di precisione. (segue)

Fonte: askanews.it

Censirà pazienti in Italia per assicurare cure personalizzate

Roma, 25 mar. (askanews) – Con lo start-up meeting tenuto oggi presso il centro ricerche del San Raffaele di Roma, il Registro dell’emicrania cronica viene strutturato e condiviso da circa una quarantina di centri di tutta Italia. Si costituisce, così, come Registro nazionale con l’ambizione di diventare punto di riferimento non solo italiano ma internazionale e superare l’ordinaria impostazione farmacocentrica dei Registri esistenti.

Nel 2014 i primi passi grazie all’input dato dal San Raffaele di Roma e dall’Istituto superiore di Sanità, il primo studio clinico pilota, pubblicato nel 2018, realizzato da quattro centri su 63 pazienti, di cui 51 donne e che già evidenziava sprechi e incongruenze diagnostiche e terapeutiche: il 41,2% dei trattamenti terapeutici erano effettuati in auto-prescrizione senza consulto specialistico; il 19,4% delle indagini diagnostiche eseguite senza prescrizione e il 50% circa delle indagini erano evidentemente inutili. Questi risultati sono stati poi confermati dal lavoro fatto da 22 centri con 776 pazienti. Oggi l’esperienza, ormai matura, si amplia per fare il salto di qualità e strutturare il Registro nazionale dell’emicrania cronica, raddoppiando anche la platea di centri coinvolti e stabilendo un primato mondiale, dato che si tratta del primo censimento dei pazienti affetti da emicrania, di livello nazionale, che assolve a diversi ordini di esigenze.

“Contarsi per poter contare, è molto più di uno slogan per i pazienti che soffrono di questa patologia e che potranno essere inseriti nel registro ottenendo un passaporto biologico, una sorta di QRcode, che garantirà cure adeguate e di evitare esami inutili. Per il SSN, il Registro, sarà uno strumento di appropriatezza e sostenibilità – sottolinea Piero Barbanti, neurologo responsabile del Centro Cefalee dell’IRCCS San Raffaele di Roma – e metterà a disposizione del mondo scientifico una banca dati di grande valore. Considerato che l’Italia è leader per la ricerca del mal di testa, lavoreremo per garantire meno slogan e più cure”.

Grazie alle nuove frontiere terapeutiche oggi è possibile anche prevenire l’emicrania ma i costi non sono secondari ed è anche per questo che diventa sempre più importante poter garantire le giuste cure a chi ne ha realmente bisogno. I nuovi farmaci intelligenti sono utilizzati dal 2014 da 131 pazienti al San Raffaele che è tra i primi istituti in Europa a utilizzare gli anticorpi monoclonali: “I risultati sono ottimi, l’87% ha dimezzato i canonici cinque attacchi di mal di testa al mese. Sono efficaci anche nella prevenzione e aprono straordinari scenari per il futuro. Anche per questo vogliamo dare numeri effettivi al fenomeno, e definire terapie personalizzate che tengano conto della storia clinica e psicologica di ogni singolo”.

L’emicrania è una malattia familiare, la seconda più disabilitante del genere umano, e tuttavia rimane “un personaggio in cerca d’autore”, del quale non sono noti a tutti le dimensioni, i drammi e le cure.

Fonte: askanews.it

 

Tempestività determinantePoliclinico Tor Vergata aderisce a Stroke Action Plan for Europe

Asimmetria del volto, sensazione di debolezza a un braccio o una gamba, difficoltà di linguaggio, perdita di equilibrio o coordinazione, sono alcuni dei segnali da non sottovalutare e che indicano un’interruzione dell’apporto di sangue a una parte del cervello che può portare a morte o a gravi disabilità permanenti se non gestita tempestivamente. Piccoli segnali, spesso sottovalutati, possono predire il sopraggiungere di un ictus, una patologia che colpisce 200.000 persone ogni anno in Italia e che rappresenta la seconda causa più comune di morte e la principale causa di disabilità nell’a­dulto per via delle conseguenze permanenti che può comportare. Nel percorso diagnostico-terapeutico per il trattamento dell’ictus in fase acuta, la tempestività è un fattore determinante. Il Policlinico Tor Vergata – tra i centri più attivi in Italia per numero annuale di procedure di trombectomia e punto di riferimento per la presa in carico in emergenza del paziente colpito da ictus – aderisce allo Stroke Action Plan for Europe 2018-2030 per sensibilizzare su prevenzione e gestione tempestiva dell’ictus. Il 22 febbraio all’Università Tor Vergata parte il primo master universitario di II livello in “Gestione dell’ictus in fase acuta” Al Policlinico di Tor Vergata sono stati trattati nel 2018 circa 140 pazienti, ottenendo una completa autonomia funzionale valutata a 3 mesi nel 50% circa dei casi, nonostante l’estrema gravità dei sintomi all’esordio. L’ottimizzazione dei percorsi e la formazione del personale dedicato sono elementi fondamentali per la corretta gestione di una patologia così grave per la quale il tempo di trattamento rimane un fattore determinante. “Il processo di invecchiamento della popolazione- spiega Marina Diomedi, responsabile della Stroke Unit della Fondazione Policlinico Tor Vergata – ha portato ad un aumento del numero di pazienti colpiti da ictus ma questi possono contare su una maggiore efficienza della rete dell’emergenza ictus che permette loro di arrivare al setting più appropriato in tempo utile per un trattamento. È però necessario che il paziente riconosca i sintomi e agisca con tempestività rivolgendosi a centri Hub specializzati. Il Policlinico Tor Vergata, in quanto hub della rete per l’ictus, serve un bacino d’utenza di circa 1.800.000 persone ed esegue ogni anno un numero sempre crescente di trombectomie, uno dei più alti in Italia”. La Stroke Unit della Fondazione Policlinico Tor Vergata, punto di riferimento per la presa in carico in emergenza del paziente colpito da ictus, promuoverà nel corso dell’anno iniziative di sensibilizzazione e formazione, in linea con quanto suggerito dallo Stroke Action Plan for Europe 2018-2030 firmato dalla Stroke Alliance For Europe (SAFE) e l’European Stroke Organization (ESO). Tra queste l’avvio del primo master universitario di II livello “La gestione dell’ictus in fase acuta” e la promozione di eventi diretti alla popolazione per migliorare le conoscenze sulla prevenzione ed i segni precoci dell’ictus.


Fonte: askanews.it