I nostri

Recapiti

Via Santa Giulia, 38
10124 Torino  (TO)

Tel. 0118177608

Fax. 0118177608

info@farmaciasantagiuliasnc.it

Svelato rapporto tra malattia e lipidi NAPE misurabili nel sangue.

Un team di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), in collaborazione con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento) e la Fondazione Santa Lucia (FSL) IRCCS di Roma, ha recentemente pubblicato sulla rivista internazionale “Metabolomics” un lavoro che svela, soprattutto nelle donne, il rapporto tra alcuni tipi di lipidi (grassi) misurabili nel sangue e prodotti dalla nostra flora intestinale (microbiota) e la malattia di Parkinson. Lo studio oltre ad offrire un nuovo futuro strumento diagnostico, suggerisce che le alterazioni nella popolazione di batteri che vivono dentro il nostro intestino potrebbero essere associate all’insorgenza della malattia. La ricerca, coordinata dai ricercatori IIT Andrea Armirotti e Angelo Reggiani, con la collaborazione del ricercatore FSL Gianfranco Spalletta e condotta in collaborazione con l’Unità di Biologia Computazionale del Centro Ricerca ed Innovazione della Fondazione Edmund Mach, è stata effettuata analizzando il sangue di 587 individui (268 malati e 319 sani suddivisi in 294 donne e 293 uomini). I risultati mostrano che la concentrazione di 7 particolari lipidi, chiamati NAPE (N-acil fosfatidiletanolammine), nel sangue dei soggetti affetti da Parkinson è diminuita di circa il 15% rispetto agli individui sani. Per ragioni attualmente sconosciute, tale diminuzione risulta significativamente più marcata nelle donne, fino a raggiungere anche il 25%. Uno dei ruoli di questi lipidi nel nostro organismo è di proteggere le cellule mantenendone l’integrità strutturale. Nel caso in cui le cellule che compongono il nostro cervello, i neuroni, vengano danneggiate, come appunto avviene nella malattia di Parkinson, esse “prelevano” i NAPE dal sangue diminuendone la concentrazione circolante nel nostro organismo. Questa scoperta ha portato il team di ricercatori ad ipotizzare che una alterazione della flora intestinale, dove vengono prodotti questi lipidi, possa portare ad un aumento della probabilità di insorgenza della malattia di Parkinson. “Il nostro studio dimostra che questi lipidi plasmatici, facili da misurare con un semplice prelievo di sangue, hanno il potenziale per diventare, dopo doverosi studi di verifica e validazione, un indicatore efficace della malattia di Parkinson. I dati da noi raccolti indicano che questi lipidi sono in grado di identificare la malattia nelle donne con una efficacia prossima al 90%. La vera sfida è adesso capire quanto precocemente possiamo usare i NAPE per predire l’insorgenza futura del Parkinson”, racconta Andrea Armirotti ricercatore IIT tra i coordinatori dello studio. I risultati di questa ricerca hanno portato IIT e FSL a brevettare l’uso dei NAPE come indicatori della presenza di danni al sistema nervoso (brevetto 102017000126773). Tale tecnica potrebbe, nel giro di pochi anni, essere utilizzata nella pratica clinica come procedura di screening diagnostico a basso costo. Questo studio, inoltre, suggerisce l’importante ruolo di alimentazione, stile di vita, stress emotivo e fattori ambientali nell’insorgenza di malattie legate al sistema nervoso. Infatti, questi fattori possono alterare la popolazione batterica della nostra flora intestinale diminuendo così la produzione di NAPE necessari a proteggere l’integrità delle nostre cellule.


Fonte: askanews.it

Effetti terribili: attenzione al web': specialisti riuniti a Firenze

Ben 730 nuove sostanze psicoattive, 55 delle quali segnalate nell’ultimo anno 2018. Questo il dato che risulta dall’ultimo report pubblicato a giugno 2019 dall’EMCDDA (European Monitoring Centre on Drugs and Drug Abuse), l’ente preposto al controllo europeo delle nuove sostanze in circolazione e che negli ultimi anni ha aiutato gli Stati membri dell’Unione a riconoscere e poi combattere le nuove sostanze “sul mercato”. Con il termine ‘Nuove Sostanze Psicoattive’ (Novel Psychoactive Substances, dai cui l’acronimo inglese NPS) vengono indicate tutte le sostanze d’abuso, sia in forma pura che in preparazioni, che non sono sottoposte a controllo secondo le due convenzioni delle Nazioni Unite sui Narcotici (1961) e sulle Sostanze Psicotrope (1971), ma che possono causare conseguenze per la salute umana paragonabili a quelli determinati dalle sostanze ivi incluse. Le NPS rappresentano un problema emergente a livello internazionale, un fenomeno in costante evoluzione negli ultimi anni in cui nuove molecole vengono continuamente inserite nel mercato non solo per soddisfare nuove richieste da parte dei consumatori ma soprattutto per eludere i controlli che cominciano ad essere istituiti nei vari Paesi attraverso l’aggiornamento della normativa in materia. Mancando standard analitici di riferimento (inesistenti o non facilmente reperibili), le intossicazioni causate dalle NPS risultano estremamente difficili da riconoscere e ancora di più da trattare. Di questo e altro si parla oggi a Firenze al convegno nazionale della Società Italiana di Psichiatria. “Il termine ‘nuovo’ non è sempre appropriato per definire tali molecole – spiega Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria e professore Ordinario di Psichiatria presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio, Chieti – ma va riferito prevalentemente all’insorgenza del loro uso ricreativo. Di frequente, infatti, le NPS sono frutto del ‘riciclaggio’ di prodotti sintetizzati in passato per scopi farmacoterapeutici e spesso abbandonati a causa dei notevoli effetti avversi. Da un punto di vista farmacologico le NPS sono estremamente eterogenee e le differenze di struttura chimica fra le singole sostanze rendono la predizione degli effetti desiderati e avversi dei rischi per la salute e degli eventuali interventi terapeutici estremamente complessa”. Fra i problemi più seri, il ‘marketing online’ di queste sostanze, che consente di raggiungere infiniti potenziali acquirenti, molto spesso giovani o giovanissimi. Spiega Enrico Zanalda, presidente SIP e direttore del Dipartimento di Salute Mentale ASL Torino: “A porre i maggiori rischi sono sostanze stimolanti come catinoni sintetici, fenetilamine, responsabili di episodi di delirio paranoide, agitazione psicomotoria grave, aggressività, allucinazioni, nonché ipertensione, crisi convulsive, disturbi cardiovascolari, addirittura coma. Ma anche cannabimimetici sintetici, più spesso causa di intossicazioni potenzialmente fatali, ma anche di sintomi psicotici spesso non transitori”. “Non da ultimo – aggiunge Di Giannantonio – ricordiamo la comparsa nel gruppo delle NPS dei nuovi oppioidi sintetici, a partire dal 2009: molecole che comportano una seria minaccia per la salute pubblica. Si tratta infatti di prodotti dalla notevole potenza (il fentanyl, capostipite di questa famiglia, ha una azione circa 100 volte maggiore rispetto a quella della morfina), che vengono utilizzati sia di per sé, sia come adulteranti di partite di ‘sostanze classiche’, soprattutto eroina, causando scie di decessi per overdose”. L’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) calcola in circa 88 milioni (25%) gli europei che hanno consumato sostanze illecite almeno una volta nella vita. Cannabis e cocaina sono ancora quelle più consumate (rispettivamente il 24,8 e il 5,1%).

Fonte: askanews.it